UNA VITA IN TEATRO E PER IL TEATRO – INTERVISTA CON MANOLA ROTUNNO

di Leonardo Pisani

Manola Rotunno è un vero talento e come i veri talenti è umile. Per lei il teatro è passione e vita, Il teatro è recitare, ma anche scrivere, ma anche caricare e scaricare le scenografie, come ha fatto ultimamente in un teatro Stabile pieno per il suo spettacolo “Mi sveglio già pettinata”. Lucana capace di parlare in abruzzese, napoletano verace, romanesco di trastevere….e non solo.

“Quanto è magico entrare in un teatro e vedere spegnersi le luci. Non so perché. C’è un silenzio profondo, ed ecco che il sipario inizia ad aprirsi. Forse è rosso. Ed entri in un altro mondo”. Una frase di David Lynch, tra i più onirici maestri del cinema. Tu Manola, come sei arrivata in questo mondo?
David Lynch è uno dei miei registi preferiti e ciò che dice è quello che succede a me ogni volta che entro in teatro sia come spettatrice che soprattutto come attrice. Quando le luci si spengono sulla realtà e si riaccendono catapultandoci per magia in un altro mondo, io mi sento viva. L’alto mondo mi ha salvato la vita, il privilegio di essere un’altra, una donna che non esiste, mi fa diventare ogni volta quella che sono davvero. Stavo percorrendo un’altra strada, arida, triste, stavo vivendo una vita che non mi apparteneva e un pomeriggio d’autunno sono entrata in una sorta di cantina con un palco rialzato di pochi centimetri da terra e salendo lassù mi è sembrato di riuscire a toccare le stelle. Il mio primo maestro Luigi Ciavarelli, mi ha fatto sentire il suono della mia voce che avevo sempre ignorato, mi ha insegnato a sognare, mi ha insegnato l’amore per questo posto magico, mi ha insegnato a combattere, a mettermi in discussione, a “rubare” dai libri, dai personaggi della vita e dai grandi artisti, ha creduto in me e mi ha spinta a non mollare. Da quel giorno non ho mai smesso, neanche per un momento, di credere, nonostante le difficoltà, le porte in faccia, le delusioni, che quella fosse la mia strada. E mi sono data da fare ogni giorno e ogni notte per essere un’attrice e una persona migliore, per non deludere lui e me stessa.

Il palcoscenico è un cerchio magico in cui solo le cose più vere accadono, un territorio neutrale al di fuori della giurisdizione del Fato, dove le stelle possono essere scavalcate impunemente. Un posto più vero e più reale non esiste in tutto l’universo sosteneva  Baber. Alcuni critici sostengono che il teatro moderno è troppo preso troppo a rappresentare la realtà  a discapito del sogno.. Insomma poco utopico, poco onirico, è cosi?
No, non sono d’accordo. Sì ho visto spettacoli che “ambivano” a rappresentare la realtà, ma per fortuna la maggior parte del teatro che ho la fortuna di guardare e di fare, non è così. Uno spettacolo dovrebbe essere una bella bugia rappresentata bene, in modo così sincero che sembri reale. Ma non lo è, non è vita vera che accade. Ed è giusto così. Nessuno vuole vedere sul palcoscenico o sul grande schermo la realtà. La gente vuole sognare, vuole scappare dalla quotidianità, vuole vedere qualcosa che rappresenti l’illusione della verità. Penso spesso a una frase che diceva Strasberg ai suoi allievi: “Imparate la sincerità. L’arte di fingere esige persone vere.” E’ questa la missione di una attore: essere vero nella sua eterna finzione. E crederci al punto di far credere al pubblico che tutto sia vero per davvero.

Marcello Mastroianni sosteneva che “Il teatro è un tempio, un tempio dove non entra mai il sole. Si lavora sempre con poca luce, nel silenzio più assoluto; il testo va rispettato nelle sue virgole, va approfondito, perché tutto è nella parola”. Tu giochi molto con le parole, le inflessioni. Cambi cadenze, dal lucano al napoletano, dal romanesco all’abruzzese. La voce è così prioritaria e fondamentale?
Come non essere d’accordo con Mastroianni. Che artista grandioso! Non si dovrebbero mai dimenticare gli insegnamenti dei grandi maestri. Sì il testo è sacro, la punteggiatura e le parole lo sono e vanno rispettate. Io sono una grande fautrice delle belle parole, di quella costruzione linguistica che oramai si sta perdendo. Nel mio testo, ad un certo punto, affronto l’aspetto della scomparsa graduale dei vocaboli della nostra meravigliosa lingua che lasciano il posto a brutti termini inseriti addirittura nei dizionari che fanno rabbrividire. Anzi fanno ribrezzo.  La voce è lo strumento dell’attore, quello che consente alle parole di arrivare e mi piace giocarci con la voce, con i suoi colori e le sgranature, con i dialetti e con il bell’italiano. Questo spettacolo,  sia per scrittura che per costruzione registica mi consente, anzi mi impone di farlo e io ne sono ben lieta.

Nel tuo spettacolo “ Mi sveglio già pettinata” però ho notato molto linguaggio corporeo, Sali su una scala, reciti su una scala, i guantoni da boxe ed il ghigno alla Rocky. In teatro a differenza del cinema, non ci sono primi piani,  credo che un attore debba  deve essere abile a usare ogni centimetro di se stesso. Concordi?
Certo nel teatro si usa tutto il proprio corpo perché bisogna arrivare anche a chi è seduto in ultima fila. Senza esagerare però e attenendosi sempre a quello che il personaggio che si sta interpretando richiede, il corpo in scena non deve essere mai pura esibizione ma esternazione, bisogna farlo in modo naturalistico, e anche le presunte “esagerazioni” debbono risultare vere. Insomma bisogna crederci e ci crederà anche chi ci guarda.  Però è anche vero che, come nel cinema, non bisogna dimenticarsi del proprio volto, delle rughe, delle micro-espressioni, soprattutto della luce che esce dai nostri occhi e che, per quanto non siamo in primo piano, se c’è arriva, arriva anche in ultima fila. Se un regista di cinema sceglie di lavorare con un attore che viene dal teatro, deve essere probabilmente un “domatore”, far capire all’attore come canalizzare la sua energia e l’attore di teatro lo farà perché è abituato a lavorare su se stesso e a mettersi continuamente alla prova. In Italia gli attori teatrali sono un po’ discriminati nel cinema. Se i registi e i produttori fossero più coraggiosi, molto probabilmente si avrebbe un cinema di più alto livello.

Voce, linguaggio corporeo ma il teatro si scrive anche. E tu scrivi testi. “Il teatro è poesia che esce da un libro per farsi umana”. Lo diceva Federico Garcia Lorca. Manola come è il tuo scrivere per uno spettacolo?
Scrivere è sempre stato un bisogno perché quando ero piccola parlavo poco ma avevo un mondo tutto mio che mi sarebbe esploso dentro se non lo avessi messo su carta. Per il teatro, o meglio “per me a teatro” (non ho ancora mai scritto testi messi in scena da altri attori), ho cominciato tardi spinta da un evento brutto della mia esistenza che mi ha fatto finire al tappeto rovinosamente. Mi sono rialzata, ho disinfettato le ferite sul corpo e sull’anima e ho cominciato a scrivere. La mia piccola dedica a Rocky nello spettacolo è un momento divertente per chi lo guarda ma per me ha un valore molto importante e profondo. “Mi sveglio già pettinata” l’ho scritto durante le mie notti insonni partendo da una lista di pensieri bizzarri che si agitavano nella mia testa e da un finale che avevo già in mente. Lo faccio sempre, parto dalla fine e dal titolo. E scrivo con la penna, con varie penne, di più colori perché, altrimenti, rileggendomi, quelle parole mi sembrerebbero meno mie. Ho cominciato a scrivere e ho avuto difficoltà a fermarmi; ho dovuto tagliare parti cospicue del testo e lavorare insieme al regista e alle mia assistenti su una sorta di riscrittura teatrale di un testo che era nato piuttosto letterario. E’ cambiato tanto rispetto alla sua prima stesura, continua a cambiare man mano che va in scena ma ho capito che quando si scrive bisogna avere l’intelligenza di non affezionarsi troppo alle proprie parole, riuscire a vederle in un’ottica più dinamica e guardare con un certo distacco la propria “creatura”. Non credo di essere ancora abbastanza intelligente in questo senso ma ci sto lavorando e no, non credo di essere neppure tanto normale, ma che importa? Ho altre peculiarità.

Sei legata al teatro napoletano. Ti cito il grande Eduardo “Con la tecnica non si fa il teatro. Si fa il teatro se si ha fantasia” E’ così?
Sì il teatro napoletano è la mia passione, il mio primo amore, Eduardo, Troisi, Totò  il motivo per il quale ho deciso che questa sarebbe stata la mia strada. Ritengo che il teatro sia fatto di regole, disciplina, caparbietà, follia, amore e sì anche di tecnica. La bravura di un attore sta nel non farla percepire, è una cosa che bisogna imparare e non ostentare, è l’impalcatura che deve reggere tutto il resto. Quello che deve arrivare al pubblico è tutto il resto. Sì è la fantasia che dovrebbe guidare un artista in ogni fase del suo lavoro dalla scrittura, alla realizzazione, alla recitazione. Perché la fantasia, la nostra, ci rende diversi, distinguibili, unici. Eduardo lo era e lo rimarrà per sempre. Mi piace ricordare che diceva anche: “Fare teatro significa sacrificare una vita. La mia è stata tutta una vita di sacrifici e di gelo. Così si fa il teatro. Così ho fatto. Ma il cuore ha tremato sempre, tutte le sere e l’ho pagato.” Nessun rimpianto nelle sue parole. Così si fa il teatro.


Vivere per il teatro è la tua vita, vivere di teatro  è un’altra cosa. Vivi a Roma, quando puoi fai spettacoli in Basilicata. Immagino soddisfazioni e anche difficoltà.
Le difficoltà sono enormi. Non posso essere solo attrice e autrice ma sono la mia organizzatrice, road manager, produttrice (povera di soldi ma ricca di entusiasmo e inventiva), scaricatrice, una tuttofare insomma. A volte finisce la benzina ma mi rimbocco le maniche e spingo la mia Idea nel posto dove deve arrivare, mi ricarico di soddisfazioni e si riparte. In questo viaggio in particolare ho potuto contare sempre sul supporto pratico e artistico di Leonardo Buttaroni, un grande uomo, la mia coerenza, il mio lato positivo, il regista che ha diretto “Mi sveglio già pettinata”. E’ una delle scelte più giuste che abbia fatto, a dispetto di ciò che sostenevano molti, perché ha trovato un modo originale e coraggioso affinché le mie parole arrivassero al cuore della gente. Abbiamo camminato insieme, ci siamo confrontati, scontrati e ci siamo anche molto divertiti . Sì è dura ma quando le luci si spengono e, dopo il silenzio profondo che sospende ogni cosa, sento il rumore bellissimo dell’applauso, quando qualcuno mi guarda con gli occhi vivi e mi dice ”Grazie”, sento che tutto ha un senso, che abbiamo vinto, non importa quanto sia costato. Il sipario rosso che aprendosi aveva dato il via al viaggio che porta le persone in un altro mondo, generalmente non si chiude, perché non siamo noi a decidere quando finisce il viaggio e se chi è partito ha voglia di restare ancora un po’ in  quel mondo, va bene così.


 Il tuo sogno da attrice? Se io fossi il genio della Lampada e ti chiedessi di esaudire un desiderio, quale sarebbe?
Vorrei recitare con Toni Servillo, essere diretta da David Lynch, combattere per il Titolo Mondiale allenata da Rocky Balboa, smettere di sopravvivere e vivere del mio lavoro… Ma restando con i piedi per terra, mi piacerebbe incontrare Massimo Troisi, ascoltarlo parlare finché ha fiato e rubare tutto quello che non ha fatto in tempo a lasciarci. Puoi farlo?

Mi sveglio già pettinata

Il 29 gennaio del 2016 debuttava lo spettacolo MI SVEGLIO GIÀ PETTINATA. Dopo essere stato in diversi teatri in giro per l’Italia, torna stasera fino a domenica a Roma sul palco dello storico Teatro Tordinona.
Il teatro è grande e c’è pure il jukeboxe… Venite a occupare più poltrone possibili!!!
Grazie a tutti voi che ci siete stati nel corso di quest’anno e a chi deciderà di sostenerci ancora.