BASILICATA ARRIVAL

Basilicata Arrival

Parte il 20 settembre la webserie BASILICATA ARRIVAL, interpretata da Antonio Andrisani, che ne è anche lo sceneggiatore, Dino Paradiso e Manola Rotunno, con la regia di Roberto Moliterni.
Una produzione @GALStart2020 in collaborazione con Rvm Broadcast

14 episodi della durata di 9 minuti circa, la serie è una commedia on the road tutta “Made in Basilicata”.

Divertimento e bellezza assicurati!

C’è anche l’attrice Manola Rotunno nel cast del nuovo film di Rocco Papaleo “SCORDATO”.

Una commedia poetica girata nella splendida Basilicata.

Al via le riprese di “Scordato”, la nuova commedia diretta e interpretata da Rocco Papaleo, che torna dietro la macchina da presa per la sua quarta regia, dopo “Basilicata Coast to Coast”, “Una piccola impresa meridionale” e “Onda su Onda”, e dirige nel ruolo della protagonista la cantautrice Giorgia, al suo debutto nel cinema.
    Sceneggiato dallo stesso Papaleo, che ne è anche il protagonista, con Valter Lupo, il film è prodotto da Indiana Production e Less Is More Produzioni in collaborazione con Vision Distribution che lo distribuirà in Italia e nel mondo.

Ne sono interpreti anche Simone Corbisiero, Angela Curri, Giuseppe Ragone, Anna Ferraioli, Manola Rotunno e Antonio Petrocelli.
    Rocco Papaleo inoltre torna a girare nella sua terra, le riprese si svolgeranno per sei settimane in Basilicata a Lauria e a Maratea, dopo una breve sosta a Salerno.
    La vita di Orlando, mite accordatore di pianoforti, tormentato da dolori alla schiena, cambia quando incontra Olga, un’affascinante fisioterapista, che gli diagnostica una contrattura “emotiva” e gli chiede di portarle una sua foto da giovane, così che lei possa aiutarlo a risolvere i suoi problemi. L’insolita richiesta spingerà Orlando a mettersi in viaggio e a rivivere quasi come uno spettatore gli eventi della sua vita che lo hanno reso l’uomo solitario e “contratto” che è oggi.
    Alla fotografia Simone D’Onofrio, la scenografia è di Sonia Peng, i costumi sono di Sara Fanelli e le musiche sono di Michele Braga. (ANSA).

UNA VITA IN TEATRO E PER IL TEATRO – INTERVISTA CON MANOLA ROTUNNO

di Leonardo Pisani

Manola Rotunno è un vero talento e come i veri talenti è umile. Per lei il teatro è passione e vita, Il teatro è recitare, ma anche scrivere, ma anche caricare e scaricare le scenografie, come ha fatto ultimamente in un teatro Stabile pieno per il suo spettacolo “Mi sveglio già pettinata”. Lucana capace di parlare in abruzzese, napoletano verace, romanesco di trastevere….e non solo.

“Quanto è magico entrare in un teatro e vedere spegnersi le luci. Non so perché. C’è un silenzio profondo, ed ecco che il sipario inizia ad aprirsi. Forse è rosso. Ed entri in un altro mondo”. Una frase di David Lynch, tra i più onirici maestri del cinema. Tu Manola, come sei arrivata in questo mondo?
David Lynch è uno dei miei registi preferiti e ciò che dice è quello che succede a me ogni volta che entro in teatro sia come spettatrice che soprattutto come attrice. Quando le luci si spengono sulla realtà e si riaccendono catapultandoci per magia in un altro mondo, io mi sento viva. L’alto mondo mi ha salvato la vita, il privilegio di essere un’altra, una donna che non esiste, mi fa diventare ogni volta quella che sono davvero. Stavo percorrendo un’altra strada, arida, triste, stavo vivendo una vita che non mi apparteneva e un pomeriggio d’autunno sono entrata in una sorta di cantina con un palco rialzato di pochi centimetri da terra e salendo lassù mi è sembrato di riuscire a toccare le stelle. Il mio primo maestro Luigi Ciavarelli, mi ha fatto sentire il suono della mia voce che avevo sempre ignorato, mi ha insegnato a sognare, mi ha insegnato l’amore per questo posto magico, mi ha insegnato a combattere, a mettermi in discussione, a “rubare” dai libri, dai personaggi della vita e dai grandi artisti, ha creduto in me e mi ha spinta a non mollare. Da quel giorno non ho mai smesso, neanche per un momento, di credere, nonostante le difficoltà, le porte in faccia, le delusioni, che quella fosse la mia strada. E mi sono data da fare ogni giorno e ogni notte per essere un’attrice e una persona migliore, per non deludere lui e me stessa.

Il palcoscenico è un cerchio magico in cui solo le cose più vere accadono, un territorio neutrale al di fuori della giurisdizione del Fato, dove le stelle possono essere scavalcate impunemente. Un posto più vero e più reale non esiste in tutto l’universo sosteneva  Baber. Alcuni critici sostengono che il teatro moderno è troppo preso troppo a rappresentare la realtà  a discapito del sogno.. Insomma poco utopico, poco onirico, è cosi?
No, non sono d’accordo. Sì ho visto spettacoli che “ambivano” a rappresentare la realtà, ma per fortuna la maggior parte del teatro che ho la fortuna di guardare e di fare, non è così. Uno spettacolo dovrebbe essere una bella bugia rappresentata bene, in modo così sincero che sembri reale. Ma non lo è, non è vita vera che accade. Ed è giusto così. Nessuno vuole vedere sul palcoscenico o sul grande schermo la realtà. La gente vuole sognare, vuole scappare dalla quotidianità, vuole vedere qualcosa che rappresenti l’illusione della verità. Penso spesso a una frase che diceva Strasberg ai suoi allievi: “Imparate la sincerità. L’arte di fingere esige persone vere.” E’ questa la missione di una attore: essere vero nella sua eterna finzione. E crederci al punto di far credere al pubblico che tutto sia vero per davvero.

Marcello Mastroianni sosteneva che “Il teatro è un tempio, un tempio dove non entra mai il sole. Si lavora sempre con poca luce, nel silenzio più assoluto; il testo va rispettato nelle sue virgole, va approfondito, perché tutto è nella parola”. Tu giochi molto con le parole, le inflessioni. Cambi cadenze, dal lucano al napoletano, dal romanesco all’abruzzese. La voce è così prioritaria e fondamentale?
Come non essere d’accordo con Mastroianni. Che artista grandioso! Non si dovrebbero mai dimenticare gli insegnamenti dei grandi maestri. Sì il testo è sacro, la punteggiatura e le parole lo sono e vanno rispettate. Io sono una grande fautrice delle belle parole, di quella costruzione linguistica che oramai si sta perdendo. Nel mio testo, ad un certo punto, affronto l’aspetto della scomparsa graduale dei vocaboli della nostra meravigliosa lingua che lasciano il posto a brutti termini inseriti addirittura nei dizionari che fanno rabbrividire. Anzi fanno ribrezzo.  La voce è lo strumento dell’attore, quello che consente alle parole di arrivare e mi piace giocarci con la voce, con i suoi colori e le sgranature, con i dialetti e con il bell’italiano. Questo spettacolo,  sia per scrittura che per costruzione registica mi consente, anzi mi impone di farlo e io ne sono ben lieta.

Nel tuo spettacolo “ Mi sveglio già pettinata” però ho notato molto linguaggio corporeo, Sali su una scala, reciti su una scala, i guantoni da boxe ed il ghigno alla Rocky. In teatro a differenza del cinema, non ci sono primi piani,  credo che un attore debba  deve essere abile a usare ogni centimetro di se stesso. Concordi?
Certo nel teatro si usa tutto il proprio corpo perché bisogna arrivare anche a chi è seduto in ultima fila. Senza esagerare però e attenendosi sempre a quello che il personaggio che si sta interpretando richiede, il corpo in scena non deve essere mai pura esibizione ma esternazione, bisogna farlo in modo naturalistico, e anche le presunte “esagerazioni” debbono risultare vere. Insomma bisogna crederci e ci crederà anche chi ci guarda.  Però è anche vero che, come nel cinema, non bisogna dimenticarsi del proprio volto, delle rughe, delle micro-espressioni, soprattutto della luce che esce dai nostri occhi e che, per quanto non siamo in primo piano, se c’è arriva, arriva anche in ultima fila. Se un regista di cinema sceglie di lavorare con un attore che viene dal teatro, deve essere probabilmente un “domatore”, far capire all’attore come canalizzare la sua energia e l’attore di teatro lo farà perché è abituato a lavorare su se stesso e a mettersi continuamente alla prova. In Italia gli attori teatrali sono un po’ discriminati nel cinema. Se i registi e i produttori fossero più coraggiosi, molto probabilmente si avrebbe un cinema di più alto livello.

Voce, linguaggio corporeo ma il teatro si scrive anche. E tu scrivi testi. “Il teatro è poesia che esce da un libro per farsi umana”. Lo diceva Federico Garcia Lorca. Manola come è il tuo scrivere per uno spettacolo?
Scrivere è sempre stato un bisogno perché quando ero piccola parlavo poco ma avevo un mondo tutto mio che mi sarebbe esploso dentro se non lo avessi messo su carta. Per il teatro, o meglio “per me a teatro” (non ho ancora mai scritto testi messi in scena da altri attori), ho cominciato tardi spinta da un evento brutto della mia esistenza che mi ha fatto finire al tappeto rovinosamente. Mi sono rialzata, ho disinfettato le ferite sul corpo e sull’anima e ho cominciato a scrivere. La mia piccola dedica a Rocky nello spettacolo è un momento divertente per chi lo guarda ma per me ha un valore molto importante e profondo. “Mi sveglio già pettinata” l’ho scritto durante le mie notti insonni partendo da una lista di pensieri bizzarri che si agitavano nella mia testa e da un finale che avevo già in mente. Lo faccio sempre, parto dalla fine e dal titolo. E scrivo con la penna, con varie penne, di più colori perché, altrimenti, rileggendomi, quelle parole mi sembrerebbero meno mie. Ho cominciato a scrivere e ho avuto difficoltà a fermarmi; ho dovuto tagliare parti cospicue del testo e lavorare insieme al regista e alle mia assistenti su una sorta di riscrittura teatrale di un testo che era nato piuttosto letterario. E’ cambiato tanto rispetto alla sua prima stesura, continua a cambiare man mano che va in scena ma ho capito che quando si scrive bisogna avere l’intelligenza di non affezionarsi troppo alle proprie parole, riuscire a vederle in un’ottica più dinamica e guardare con un certo distacco la propria “creatura”. Non credo di essere ancora abbastanza intelligente in questo senso ma ci sto lavorando e no, non credo di essere neppure tanto normale, ma che importa? Ho altre peculiarità.

Sei legata al teatro napoletano. Ti cito il grande Eduardo “Con la tecnica non si fa il teatro. Si fa il teatro se si ha fantasia” E’ così?
Sì il teatro napoletano è la mia passione, il mio primo amore, Eduardo, Troisi, Totò  il motivo per il quale ho deciso che questa sarebbe stata la mia strada. Ritengo che il teatro sia fatto di regole, disciplina, caparbietà, follia, amore e sì anche di tecnica. La bravura di un attore sta nel non farla percepire, è una cosa che bisogna imparare e non ostentare, è l’impalcatura che deve reggere tutto il resto. Quello che deve arrivare al pubblico è tutto il resto. Sì è la fantasia che dovrebbe guidare un artista in ogni fase del suo lavoro dalla scrittura, alla realizzazione, alla recitazione. Perché la fantasia, la nostra, ci rende diversi, distinguibili, unici. Eduardo lo era e lo rimarrà per sempre. Mi piace ricordare che diceva anche: “Fare teatro significa sacrificare una vita. La mia è stata tutta una vita di sacrifici e di gelo. Così si fa il teatro. Così ho fatto. Ma il cuore ha tremato sempre, tutte le sere e l’ho pagato.” Nessun rimpianto nelle sue parole. Così si fa il teatro.


Vivere per il teatro è la tua vita, vivere di teatro  è un’altra cosa. Vivi a Roma, quando puoi fai spettacoli in Basilicata. Immagino soddisfazioni e anche difficoltà.
Le difficoltà sono enormi. Non posso essere solo attrice e autrice ma sono la mia organizzatrice, road manager, produttrice (povera di soldi ma ricca di entusiasmo e inventiva), scaricatrice, una tuttofare insomma. A volte finisce la benzina ma mi rimbocco le maniche e spingo la mia Idea nel posto dove deve arrivare, mi ricarico di soddisfazioni e si riparte. In questo viaggio in particolare ho potuto contare sempre sul supporto pratico e artistico di Leonardo Buttaroni, un grande uomo, la mia coerenza, il mio lato positivo, il regista che ha diretto “Mi sveglio già pettinata”. E’ una delle scelte più giuste che abbia fatto, a dispetto di ciò che sostenevano molti, perché ha trovato un modo originale e coraggioso affinché le mie parole arrivassero al cuore della gente. Abbiamo camminato insieme, ci siamo confrontati, scontrati e ci siamo anche molto divertiti . Sì è dura ma quando le luci si spengono e, dopo il silenzio profondo che sospende ogni cosa, sento il rumore bellissimo dell’applauso, quando qualcuno mi guarda con gli occhi vivi e mi dice ”Grazie”, sento che tutto ha un senso, che abbiamo vinto, non importa quanto sia costato. Il sipario rosso che aprendosi aveva dato il via al viaggio che porta le persone in un altro mondo, generalmente non si chiude, perché non siamo noi a decidere quando finisce il viaggio e se chi è partito ha voglia di restare ancora un po’ in  quel mondo, va bene così.


 Il tuo sogno da attrice? Se io fossi il genio della Lampada e ti chiedessi di esaudire un desiderio, quale sarebbe?
Vorrei recitare con Toni Servillo, essere diretta da David Lynch, combattere per il Titolo Mondiale allenata da Rocky Balboa, smettere di sopravvivere e vivere del mio lavoro… Ma restando con i piedi per terra, mi piacerebbe incontrare Massimo Troisi, ascoltarlo parlare finché ha fiato e rubare tutto quello che non ha fatto in tempo a lasciarci. Puoi farlo?

Mi sveglio già pettinata

Il 29 gennaio del 2016 debuttava lo spettacolo MI SVEGLIO GIÀ PETTINATA. Dopo essere stato in diversi teatri in giro per l’Italia, torna stasera fino a domenica a Roma sul palco dello storico Teatro Tordinona.
Il teatro è grande e c’è pure il jukeboxe… Venite a occupare più poltrone possibili!!!
Grazie a tutti voi che ci siete stati nel corso di quest’anno e a chi deciderà di sostenerci ancora.

ANCHE IO – Mi sveglio già pettinata

di Giampiero D’Ecclesiis

Un monologo che ha incantato ed emozionato il pubblico

Una piacevole serata in uno Stabile pieno di spettatori, a godere dell’arte di una brava attrice potentina, emozionata per essere nel suo teatro, in quello che ciascun potentino sente proprio per diritto di nascita, e che ha presentato un bel lavoro scritto da lei medesima, parlando tanto anche della sua città e dei suoi ricordi

Buio in sala, poi musica, un viso sorridente comincia a raccontare.
Si parte dai giochi di bimba e poi ci si incammina tra ricordi e voci, tra i personaggi dell’infanzia, tra le paure e gli scherzi, tra le voci dei vicini che Manola Rotunno mette in scena sulle tavole del Teatro Stabile di Potenza in una scenografia solo all’apparenza disordinata, tra scatole e promemoria che pendono dal soffitto come tanti pensieri sospesi che via via l’autrice attrice svela nel corso della rappresentazione.
La vicina anziana e impicciona, il professore, l’uomo puzzolente e il mistero delle biciclette scomparse, quanti e quanti tasti sono stati suonati in questo lungo monologo da Manola, una stupenda skipper che vira in continuazione il registro dello spettacolo, da momenti di puro divertimento come la visita al teatro abbandonato con lo spasimante abruzzese, alla gioia dello sguardo infantile -gli uomini buoni che portano il latte con l’immagine della mucca sulla busta che altro non sono che gli operatori della Protezione civile-, il babbo sull’elevatore che vola intrepido verso casa per recuperare le chiavi di casa, Rocky IV, no II, no IV, in una divertente gag giocata sulle ultime battute del film di Silvester Stallone.

Una donna e le sue piccole nevrosi, i suoi ricordi gelosi da nascondere nella testa e non far leggere a nessuno, con le sue promesse, quelle mantenute e quelle no, le cose da fare domani, i desideri semplici come quello di far vedere il mare alla cameriera dei genitori.
Tutto catalogato in liste e fogli di carta che altro non sono che pensieri, che volteggiano nella sala accompagnati dalle parole, dalle risate del pubblico che certo si è divertito e molto.
Ad un tratto il registro cambia, cambia la luce e in uno spettrale chiaro di luna, le parole percorrono itinerari dolorosi, cumuli di occhiali abbandonati, masse di capelli, valigie, ricordi di una visita che volano come farfalle notturne, come le anime degli uomini, delle donne, dei bambini di Auschwiz-Birchenau. L’odore delle mandorle amare dello Ziklon B sembra quasi spargersi tra le poltroncine del teatro e si fa silenzio.
Un silenzio che non è gelo, un silenzio che è pensiero, meditazione.
Ma Manola è uno skipper capace, come ho detto, e vira ancora, per riportare nuovamente la linea della sua narrazione verso atmosfere più lievi, lo fa con grande maestria, quasi non ci si accorge del cambio di atmosfera ed è davvero un’impresa titanica riuscirci.
Sarò riuscito a darvi un’idea di quanto divertente, inatteso, profondo e godibile sia stato lo spettacolo “Mi sveglio già pettinata” che ho visto venerdì sera al Teatro Stabile di Potenza? Non so proprio, posso dirvi che a me è piaciuto molto, belle le scene, brava l’attrice, belli i testi peraltro scritti dall’attrice medesima.
Una piacevole serata in uno Stabile pieno di spettatori, a godere dell’arte di una brava attrice potentina, emozionata per essere nel suo teatro, in quello che ciascun potentino sente proprio per diritto di nascita, e che ha presentato un bel lavoro scritto da lei medesima, parlando tanto anche della sua città e dei suoi ricordi.
Ci sono diverse chiavi di lettura, a mio parere, del lavoro di Manola Rotunno, quello immediato che viene dalla sua vena comica, dalla scoperta di comuni riferimenti geografici, di ricordi, di volti comuni e un’altra, più profonda, più intima, che svela un animo gentile capace di accarezzare i ricordi, di guardare con tenerezza al passato, di coccolarlo e coltivarlo come il giardino segreto e che generosamente l’autrice-attrice condivide con gli spettatori.
La regia di Leonardo Buttaroni che ha costruito una messa in scena dosata nei tempi e nelle soluzioni adeguatamente integrata con la scenografia che è scivolata lieve, tra momenti di divertimento e momenti di riflessione, è stato un gran bell’incontro quello con Manola e la sua capacità artistica.
Arrivederci a presto Manola, magari di nuovo con il tuo spettacolo che sono convinto meriterebbe qualche replica.
Del resto, dato il titolo dello spettacolo, come avrebbe mai potuto non piacere a me che, per motivi diversi, ormai da anni, mi sveglio sempre perfettamente pettinato?
Un’ultima riflessione, rivolta ai lamentatori di professione, ai portatori di cilicio che nella città di Potenza oramai sembrano sempre più proliferare, la città delle tante compagnie teatrali, la città degli attori, degli scrittori, delle scrittrici, la città di Manola Rotunno, è viva più che mai, gli unici morti non se ne accorgono.

Incontro Manola la sera del sabato, scambiamo due chiacchiere.

Raccontami brevemente le tue esperienze teatrali
Ho cominciato ai tempi dell’università, curiosità, passione, i primi laboratori teatrali, ho esordito con lo spettacolo Caviale e Lenticchie, la mia prima grande emozione, poi mi sono ripiegata a studiare frequentando laboratori teatrali e alternando esperienze di scrittura e di recitazione. Ho vissuto una esperienza a Parigi dove ho potuto confrontarmi con una realtà
senz’altri diversa e stimolante.

Quanto c’è della tua terra nel tuo spettacolo?
Lo spettacolo parte dalle mie radici.
E’ stato un rapporto non sempre facile che ad un certo punto si è interrotto quando, più giovane, ho pensato di andar via senza voltarmi indietro. Il tempo cambia le cose, si matura, ci si costruisce come persone e si scopre di avere il rimpianto, che perfino molte cose che avevo criticato mi mancavano, ho sentito forte il richiamo della nostalgia. Della mia terra, della mia gente mi sorprende sempre l’empatia , la disponibilità che non traspare mai in maniera plateale ma che emerge sempre nei gesti concreti di tutti i giorni, la vicinanza discreta dei piccoli gesti.

Il tuo regista-psicologo, come lo hai definito tu, è qui con noi, quanto è stata la lunga la seduta post spettacolo? Leonardo sorride soddisfatto
È andata benissimo, la chiave è stata dirgli pochi minuti dall’inizio – fallo per te, recita per
te questa sera- ed è andata bene.

Raccontami che stai preparando di nuovo
Sto pensando di scrivere uno spettacolo sul terremoto, sono impegnata con una serie di spettacoli per bambini, nei dintorni di Roma per ora, e, naturalmente sono impegnatissima a portare avanti il mio “Mi sveglio già pettinata”.


Un saluto a Manola Rotunno un altro pezzo di questa Potenza che va per il mondo portando in giro, tra le altre cose, frammenti di ricordi, liste di memorie tra cui, importanti, ci sono anche le sue radici.

Quando la vita è più ‘larga’ che lunga

Nel suo spettacolo ‘Mi sveglio già pettinata’ Manola Rotunno ci regala un’ottima interpretazione imperniata sulla grande forza morale di un’esistenza breve ma intensa
di Francesca Buffo

Presso il piccolo teatro ‘Duse’ di Roma, nel cuore del quartiere San Giovanni, è andato in scena nei giorni scorsi il monologo scritto e interpretato da Manola Rotunno: ‘Mi sveglio già pettinata’, per la regia di Leonardo Buttaroni. 
Questa volta, dobbiamo proprio spendere parole di elogio per quest’attrice, la Rotunno, che per l’ennesima volta ha dato prova di versatilità artistica ed egregie capacità recitative.

La piéce tratta la storia di una ragazzina, probabilmente abruzzese, che a un certo punto della propria crescita viene colta da un’insonnia perenne. Il problema viene gestito in maniera originale: avendo del tempo in più a disposizione, la giovine imposta una propria visione della vita e del mondo carica di valori e consuetudini che, probabilmente, non esistono più, ma che lei intende continuare a coltivare e a proteggere.
Un’altra delle sue passioni sono le liste, di tutti i generi e tipi: cose da fare; piatti e cibi preferiti; pensieri e ricordi da mantenere ben vivi nella memoria. La vita notturna della protagonista diviene, dunque, uno strano equilibrio, che poggia su abitudini e fissità apparentemente illogiche.
Ma questa è l’esistenza di chi proprio fa fatica a dormire, di chi vive il doppio del tempo constatando con impeto, ma anche con profondità, la doppiezza di una realtà che confligge con i valori più elevati della vita.
Non riuscendo a dormire, la ragazza ha tempo per spazzolarsi i capelli e riflettere, parlare, ricordare, amareggiarsi, essere felice. Al mattino, ella si ritrova già in ordine e ben pettinata, pronta ad affrontare il mondo e i suoi paradossi.
Una vita costretta a camminare sulle uova delle proprie fragilità che, tuttavia, valorizza e affina un sentimento di grandissima forza morale, in un mondo sempre più lercio, animato da personaggi senza senso, né anima.

La commedia si chiude con la notizia di un tumore destinato a uccidere la protagonista, che però si rifiuta di fare la chemioterapia per non perdere i propri capelli e mantenere un ricordo tutto sommato positivo e felice del proprio transito terrestre. Perché ci vuole un gran coraggio anche nel rassegnarsi, a prendere atto che la propria esistenza si è sviluppata in un determinato modo e che non vi era alcuna alternativa a disposizione. In fondo, si tratta di un percorso non banale, che non ha avuto necessariamente bisogno di qualcuno o di qualcosa.

Un monologo, insomma, decisamente adatto alle ‘corde’ recitative della Rotunno: un’artista ormai conosciuta sulla piazza romana per le ottime doti d’intelligenza personale, di memoria e di elevata qualità professionale. A prescindere dalla ‘traccia’ narrata nella rappresentazione, alcune parole di elogio per quest’autrice e attrice sono necessarie, poiché siamo di fronte a uno di quei classici ‘casi’ che meriterebbero una corretta valorizzazione.
La Rotunno è perfetta: carina; intelligente; naturalmente selettiva; rigida e malleabile al tempo stesso; severa con il prossimo esattamente come lo è con se stessa. Una ragazza che merita pienamente la qualifica di autentica professionista, in grado di lavorare con chiunque, interpretando qualsiasi ruolo. Un talento artistico ben formato, ormai giunto a una piena maturazione, adatta ad interpretare sia ruoli drammatici, sia quelli più leggeri o comico-brillanti.
Infine, la regia di Leonardo Buttaroni merita anch’essa un plauso per l’equilibrio e la capacità di avvolgersi, quasi perfettamente e con sicuro affetto, sulle qualità artistiche della Rotunno.

‘Mi sveglio già pettinata’ di e con Manola Rotunno, Regia Leonardo Buttaroni